Nel primo secondo del mio 2016, il bicchiere che avevo in mano e che stava per essermi riempito per il brindisi di capodanno, mi è letteralmente scappato di mano.
E' caduto a terra e non si è frantumato solo perchè di plastica.
Ho pensato: "se questa è la metafora di come sarà il mio prossimo anno, sono a posto, posso anche rimanere seduta in panchina".
Il giorno dopo ho scoperto che Rai Uno aveva sbagliato a calcolare il conto alla rovescia anticipando di un minuto l'arrivo del 2015 e che quindi non avevamo festeggiato il nuovo anno prima del dovuto.
Quel bicchiere caduto al suolo mi ha fatto un po' meno paura... la mia prospettiva era totalmente diversa.
Sento che vorrei scrivere tante cose di ciò che potrebbero rappresentare le prossime ventiquattro o quarantotto ore, ma al tempo stesso non voglio essere preda ancora una volta delle mie aspettative.
Sono sempre stata incline a cercare le strade difficili, non so se le più difficili, ma sicuramente non quelle facili.
E' stato così nello sport, dove riuscivo meglio nelle azioni più complicate, in cui in un secondo bisognava avere una reazione fulminea, e invece talvolta mi facevo prendere dall'emozione per quelle più semplici.
E' stato così nelle relazioni personali, ma poi ho capito che non sono proprio portata per i rapporti complicati.
Di recente, è stato così quando ho dovuto scegliere che materie da preparare per l'orale dell'esame d'avvocato, col risultato di renderlo ancora più ostico.
E' oggi così per il mio "percorso lavorativo" che mi obbliga a essere molto paziente per lunghi periodi di tempo (o almeno a provare ad esserlo).
Mi piace caricarmi di aspettative, anche inutilmente.
Questa volta però mi metto in stand by e voglio azzerare le mie aspettative rispetto all'eventuale mancato traguardo.
Non è facile, soprattutto dopo le diverse fasi che ho attraversato in questi anni.
C'è stata la fase dell'inconsapevolezza (quanto è distante il mio obbiettivo e cosa devo fare per arrivarci).
Poi c'è stata la determinazione (voglio arrivare lì).
L'esaltazione (finalmente è ora di fare l'esame).
La tristezza (non ho fatto abbastanza).
Quest'ultima fase mi ha abbandonato soltanto da un mese a questa parte per essere sostituita dall'accettazione. Non so come sia successo in realtà. Un giorno mi sono svegliata e.. stavo bene.
- "Forse sorrido fuori tempo... " dice la canzone "Le cose che non ho" dei Subsonica -
In sostanza, ho fatto un percorso, che, bene o male, è stata un'evoluzione.. non potrò tornare indiero, potrò solo andare avanti.
D'altra parte, per arrivare a risultati "positivi" bisogna fare scelte e, a volte, le scelte riguardano anche cose che ci piacciono e che dobbiamo abbandonare. Ogni cosa che ci rende felici nasconde quindi anche una componente "negativa" forse.
Alla fine, tutto è una questione di prospettiva.
Come quel bicchiere caduto di cui parlavo all'inizio del post.. che nel frattempo io ho già raccolto da un bel po'.