Che l'amore sia tutto, è tutto ciò che sappiamo dell'amore (Emily Dickinson).



venerdì 29 luglio 2016

Momentaneamente

Momentaneamente.
Sembra essere l'avverbio chiave.

Il lavoro va bene, per ora.
Il lavoro va male, ma me lo tengo, per ora. 
E via così, con tutto il resto.


Per me "momentaneamente" rappresenta l'avverbio dell'accontentarsi, dei compromessi.  

Probabilmente è impossibile avere di fronte a sé solo certezze.
E' impossibile oggi, ma lo era anche un tempo, senz'altro.
Il punto è che ho la sensazione che anche la generazione precedente abbia faticato, ma abbia pagato un prezzo minore. 
Dai racconti emerge che si faticava per salire sul trampolino, ma, una volta in cima, spiccare il volo era un attimo, o, almeno, non era così complicato come lo è oggi.

L'impressione è che quel trampolino sia qualcosa destinato a rimanere sempre lontano all'orizzonte. 
Non restano, quindi, che i compromessi, i "per ora", gli "al momento", con cui mandare certi pensieri sul fondo dell'oceano, "momentaneamente".

Nessuno pretende una botte di ferro in cui barricarsi dentro.
L'ambizione è non dover pensare di anno in anno a reinventare la propria vita. 

E' questo ciò a cui sto pensando al 29 di luglio, a due giorni dall'agognata pausa estiva che spero mi aiuti a mettere in pausa tutte queste riflessioni per poi trovare un modo per affrontare di petto a settembre

Torno in un posto a me caro, una città per cui nel 2011 ho lasciato un pezzettino del mio cuore.

Lisbona.
C'eravamo detti "atè logo" d'altra parte. 
In questi giorni ho realizzato quanto questa città mi abbia colpito all'epoca. 
Mi ricordo ancora un sacco di particolari, anche se sono trascorsi già cinque anni.  
Per me, sarà un po' come tornare "a casa". 

Questa volta, però, avrò modo di conoscere anche il resto del Portogallo, facendo finalmente un altro viaggio on the road che ho immaginato a lungo.


La mia speranza di avere la stessa reazione positiva che ho avuto l'anno scorso in Croazia.
Spero, infatti, di poter dire: ma perchè non ci sono venuta prima? :-)











mercoledì 2 marzo 2016

Senza titolo.




Nel primo secondo del mio 2016, il bicchiere che avevo in mano e che stava per essermi riempito per il brindisi di capodanno, mi è letteralmente scappato di mano.
E' caduto a terra e non si è frantumato solo perchè di plastica.

Ho pensato: "se questa è la metafora di come sarà il mio prossimo anno, sono a posto, posso anche rimanere seduta in panchina".

Il giorno dopo ho scoperto che Rai Uno aveva sbagliato a calcolare il conto alla rovescia anticipando di un minuto l'arrivo del 2015 e che quindi non avevamo festeggiato il nuovo anno prima del dovuto.

Quel bicchiere caduto al suolo mi ha fatto un po' meno paura... la mia prospettiva era totalmente diversa.

Sento che vorrei scrivere tante cose di ciò che potrebbero rappresentare le prossime ventiquattro o quarantotto ore, ma al tempo stesso non voglio essere preda ancora una volta delle mie aspettative.

Sono sempre stata incline a cercare le strade difficili, non so se le più difficili, ma sicuramente non quelle facili.
E' stato così nello sport, dove riuscivo meglio nelle azioni più complicate, in cui in un secondo bisognava avere una reazione fulminea, e invece talvolta mi facevo prendere dall'emozione per quelle più semplici.

E' stato così nelle relazioni personali, ma poi ho capito che non sono proprio portata per i rapporti complicati.

Di recente, è stato così quando ho dovuto scegliere che materie da preparare per l'orale dell'esame d'avvocato, col risultato di renderlo ancora più ostico.

E' oggi così per il mio "percorso lavorativo" che mi obbliga a essere molto paziente per lunghi periodi di tempo (o almeno a provare ad esserlo).

Mi piace caricarmi di aspettative, anche inutilmente.

Questa volta però mi metto in stand by e voglio azzerare le mie aspettative rispetto all'eventuale mancato traguardo.
Non è facile, soprattutto dopo le diverse fasi che ho attraversato in questi anni.
C'è stata la fase dell'inconsapevolezza (quanto è distante il mio obbiettivo e cosa devo fare per arrivarci).
Poi c'è stata la determinazione (voglio arrivare lì).
L'esaltazione (finalmente è ora di fare l'esame).
La tristezza (non ho fatto abbastanza).

Quest'ultima fase mi ha abbandonato soltanto da un mese a questa parte per essere sostituita dall'accettazione. Non so come sia successo in realtà. Un giorno mi sono svegliata e.. stavo bene.

- "Forse sorrido fuori tempo... " dice la canzone "Le cose che non ho" dei Subsonica -

In sostanza, ho fatto un percorso, che, bene o male, è stata un'evoluzione.. non potrò tornare indiero, potrò solo andare avanti.

D'altra parte, per arrivare a risultati "positivi" bisogna fare scelte e, a volte, le scelte riguardano anche cose che ci piacciono e che dobbiamo abbandonare. Ogni cosa che ci rende felici nasconde quindi anche una componente "negativa" forse.

Alla fine, tutto è  una questione di prospettiva.

Come quel bicchiere caduto di cui parlavo all'inizio del post.. che nel frattempo io ho già raccolto da un bel po'.